È ormai riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dalle donne nella lotta partigiana, che si è esplicato in diversi modi, da supporto logistico a vere e proprie azioni militari. Molte di loro svolsero il ruolo di staffetta: si occuparono del trasporto di viveri, indumenti, medicinali, messaggi, armi, alle formazioni partigiane operanti sul territorio. Altre ebbero anche un ruolo operativo, come Radia Fontanoni (1923-1955), alla quale Commissione Regionale Marchigiana istituita appositamente nel Dopoguerra riconosce la qualifica di “combattente”.
Il foglio matricolare proviene dall'Archivio di Stato di Pesaro, Distretto militare di Pesaro, Fogli matricolari delle donne partigiane della provincia di Pesaro e Urbino (bb. 3, vol. 1, 1943 - 1970).
Dall’ottobre 2019 in Archivio di Stato sono conservati 195 fogli matricolari di altrettante donne partigiane residenti in provincia di Pesaro Urbino, che hanno ottenuto la qualifica di “combattente” o di “patriota” dalla Commissione Regionale Marchigiana appositamente istituita nel dopoguerra.
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Radia Fontanoni nasce a Urbino il 17 aprile 1923, figlia di Maria Porcellacchia e dell’antifascista Lazzaro (poi vicecomandante della formazione Gasparini, V Brigata Garibaldi, trucidato a Meldola). E’ subito attiva nella Resistenza, diventa Capo Servizio collegamento della V Brigata Garibaldi, viene poi trasferita alla Brigata “Gap”, tra Pesaro e Fano, trasporta anche stampa clandestina e armi in azioni particolarmente rischiose. Rientra in Urbino prima della liberazione e sfila in città con i partigiani.
Nel periodo delle persecuzioni anticomuniste scelbiane, la sera del 15 luglio 1950 viene pretestuosamente arrestata per l’uccisione di due spie fasciste, iscritta al Casellario Politico Centrale, sottoposta a vigilanza perché frequentatrice dell’Udi e di sentimenti comunisti, definita “pericolosa per l’ordinamento democratico dello stato”.
La stampa inizia contro di lei un’opera di diffamazione e calunnia per dubbia condotta morale; è costretta alle dimissioni sul posto di lavoro; subisce isolamento e discredito anche dai compagni del Pci, all’epoca partito opportunisticamente moralista.
Il 17 aprile 1955, a 32 anni, Radia muore a Pesaro per malattia, spenta da quella Repubblica che con dedizione aveva contribuito a fondare.
Al suo funerale in Urbino parteciparono più di 500 persone e la bara fu portata a spalla dai partigiani, ma la questura proibì loro di indossare il fazzoletto rosso e impose le saracinesche abbassate sulle vie.
Ringraziamo la famiglia Fontanoni per la concessione delle immagini di Radia e la storica Anna Paola Moretti per la scheda biografica.
Il documento della Questura di Pesaro proviene dal fascicolo intestato a Fontanoni Radia nella serie dei Pregiudicati politici di Urbino e documenta la sorveglianza "normale" cui fu sottoposta Radia nel dopoguerra, considerata "pericolosa per l'ordinamento democratico dello Stato".